By Irma Vivaldi
Andrea Appiani Busto di Giovane Donna | Dettaglio [dedica ad Anselmo Ronchetti] |
Giuseppe Rovani, nel suo romanzo “Cento Anni” racconta che in casa di Ronchetti avevano luogo gli incontri clandestini della Società dei Federati, un’associazione segreta guidata da Federico Confalonieri, che operava per riuscire ad ottenere una Carta Costituzionale in Piemonte e Lombardia e che fu parte attiva nella nascita dei moti del 1821, dopo i quali fu forzatamente sciolta.
Andare ad un convegno clandestino a casa di Ronchetti riservava, oltre ai rischi, anche aspetti piacevoli, come una visita ad una mostra di arte contemporanea. Infatti, sempre Rovani ci dice che, in virtù della “svegliatezza del suo ingegno, e l'amore quasi febbrile per tutto che v'è di grande tra gli uomini, le idee e le cose” i pittori e gli scultori del tempo facevano a gara per mandargli “le produzioni del loro pennello e del loro scalpello”.
Dunque
chi frequentava casa Ronchetti poteva ammirare opere d’arte ovunque si girasse.
Riprodurre la “galleria Ronchetti” è impresa impossibile, poiché le opere
si sono disperse fra i figli e poi fra acquirenti vari, in primis il conte
Paolo Tosi di Brescia, finendo in più parti d’Europa. Abbiamo provato a fare qualche esempio, per dare un'idea di ciò che si presentava allo sguardo dei visitatori del tempo.
Per cominciare, nel laboratorio di Ronchetti c’era il bellissimo
“Busto di giovane donna” (1800-1810 circa), disegnato da Andrea Appiani e
dedicato “All’amico Ronchetti”, che attualmente si trova presso il Museo Poldi Pezzoli.
Il contributo di Francesco Hayez
era stata una rappresentazione della “Partenza dei cavalieri per le Crociate”,
con dedica “"Hayez all'amico Anselmo
Ronchetti / e suo figlio Antonio", ora
all’Ambrosiana di Milano (il disegno si può vedere QUI).
Di ritratti del proprietario del laboratorio/galleria ne
restano due, uno eseguito da Natale Schiavoni, riprodotto sulla copertina del
libro di Luigi Medici (collocazione sconosciuta). Un altro è
opera del famoso incisore Giuseppe Longhi, da un disegno di Luigi Bisi, conservato al Castello Sforzesco.
Longhi dedicò “Al Genio della solida stivaleria italiana” anche una copia della sua più famosa e celebrata incisione: la riproduzione dello Sposalizio della Vergine [Raffaello, 1504] realizzata nel 1820.
Giuseppe Longhi Sposalizio della Vergine | 1820 | Raffaello |
Vincenzo Monti aveva contribuito
alla collezione con
“una stampa di bellissimo quadro del famoso Agricola, che spero non sarà indegna del vostro bel gabinetto, né a voi discara, perché rappresenta quel divino Dante che voi amate, e la sua Beatrice nell'atto di rimproverargli i trascorsi della vita passata. Per meglio intenderne la bellezza leggete il canto XXX del Purgatorio”.Una nota: il volto di Beatrice era stato modellato sulle fattezze di Costanza Monti Perticari, figlia dello stesso Vincenzo Monti. La stampa di Ronchetti è dispersa.
Stampa da Filippo Agricola Dante e Beatrice | 1820 |
Per quanto riguarda la parte scultorea, nel laboratorio di Ronchetti c’era un busto a lui particolarmente caro. Il giovane nobile Carlo della Bianca aveva inserito Ronchetti fra i suoi eredi e Ronchetti, per celebrarne la memoria, aveva commissionato un suo ritratto in marmo candido all’amico Pompeo Marchesi. La scultura dovrebbe essere bellissima:
“la testa è trattata con morbidezza ed espressione che nulla lascia a desiderare, e quanto più la contempli, più cresce in te il piacere nell’osservare quello sforzo dell’arte imitativa della bella natura.” [da “l’Ape italiana”, 27 aprile 1824].
Purtroppo non l’abbiamo trovata. Se
qualcuno ne ha notizia, ci avvisi. Per farci almeno un’idea, accontentiamoci
del busto raffigurato sulla destra della stele funeraria dello stesso Carlo
della Bianca, scolpita sempre da Pompeo Marchesi (alla Gam di Milano).
Pompeo Marchesi Stele funeraria di Carlo della Bianca |
Ronchetti si era messo in testa che il busto di Marchesi non poteva restare da solo. A fargli compagnia aveva deciso che doveva arrivare un’opera del suo amico scultore danese Bertel Thorvaldsen.
"esternar
le voglio il vivo desiderio che nutro per la promessa di qualche saggio del di Lei
scarpello. In verità sta molto male il vedere, nella mia officina, che la
colonna che serve di simitria a quella che sostiene il busto del Sigr. Marchesi
sia vota e priva d’ornamento e pose che umila prega l’Egregio Artista
d’inalzarle la fronte"
[lettera del 9. Dicembre 1827].
[lettera del 9. Dicembre 1827].
E a forza di inviare in dono a Thorvaldsen scarpe e stivali, Ronchetti riuscì finalmente ad ottenere il busto di Lord Byron che lo rese ovviamente felicissimo.
Mancano
– per ora - all’appello le immagini di tre piccoli dipinti di Giovanni Migliara
di cui uno rappresentante un cagnolino nonché uno smalto raffigurante una scena
nuziale, staccato da un tabacchiera d'oro donata a Ronchetti
dall'Imperatore Alessandro di Russia, dopo che lo aveva servito in occasione
del congresso di Verona del 1822.
Tranne la tabacchiera - di cui nulla si sa - il resto delle opere dovrebbe trovarsi all’Ambrosiana, alla quale furono donate dal figlio Antonio, insieme a libri e lettere, dopo la morte di Ronchetti, "per tramandarle ai posteri". Cosa che avverrebbe più facilmente, se l’Ambrosiana sfruttasse i mezzi tecnici odierni e pubblicasse in rete i testi dei manoscritti…
Tranne la tabacchiera - di cui nulla si sa - il resto delle opere dovrebbe trovarsi all’Ambrosiana, alla quale furono donate dal figlio Antonio, insieme a libri e lettere, dopo la morte di Ronchetti, "per tramandarle ai posteri". Cosa che avverrebbe più facilmente, se l’Ambrosiana sfruttasse i mezzi tecnici odierni e pubblicasse in rete i testi dei manoscritti…
Nel
“Giornale delle scienze, lettere, arti, mode e teatri” del 26 agosto 1834 si
citano anche, fra quelle esposte nel laboratorio di Ronchetti, opere di Enrico
Woogd, Morghen e “molti altri”. Tra i quali potrebbero esserci gli amici
Giuseppe Bossi, Domenico Aspar,
Anderloni, Garavaglia… Ma non abbiamo notizie più precise.
Inoltre,
per farsi un’idea più completa della “mostra”, vanno immaginati libri in
quantità, oggetti preziosi o cari, fra i quali un orologio a pendolo che
Giuseppe Parini gli lasciò in eredità insieme al suo bastone con pomo d’avorio
(il “vano baston” dell’ode La Caduta!) . E ancora i messaggi degli amici
artisti (Vittorio Alfieri, Vincenzo Monti, Giuseppe Parini, Ugo Foscolo, Carlo
Porta tra i tanti) appesi alle pareti:
“È digià per me un grand’onore e di ornamento al mio gabinetto il pregiatissimo suo Viglietto, il quale accanto ad una graziosissimo scritto di S.E. il Sigr. Conte Vaurau tengo incomiciato qual pegno d’onore.” [lettera di A.R. a Thornwaldsen Milano di 22. Genno 1827]
O le
misure dei piedi degli stessi amici artisti e delle teste coronate d’Europa
(Napoleone, Alessandro di Russia…), anch'esse appese alle pareti.
E per
finire quello che Ronchetti chiamava il “sepolcro dei sovrani”, cioè una vetrina dove trovavano
posto, dopo la morte delle teste coronate, le riproduzioni dei modelli di
calzature che Ronchetti aveva creato per loro. Stivali di Napoleone inclusi.