Monday, January 31, 2011

CALZATURIFICIO DI VARESE'S VISUAL HISTORY

STORIA ILLUSTRATA DEL CALZATURIFICIO DI VARESE
di Irma Vivaldi



Calzaturificio Di Varese

1912 | Calzaturificio Di Varese


1913 | Calzaturificio Di Varese



1870 circaSantino Trolli e il figlio Luigi fondano a Varese la "Premiata Manifattura Tomaie Giunte", un piccolo laboratorio artigianale, nel quale per la prima volta vengono importate in Italia macchine per cucire automaticamente le tomaie.

1880. Grande successo all'Esposizione Internazionale di Melbourne.

1899. Nasce il “Calzaturificio di Varese”


Circa 1870Santino Trolli and his son Luigi create in Varese the "Premiata Manifattura Tomaie Giunte”, a small lab. They import for sewing uppers machines (first time in Italy).

1880. Great success at the International Exhibition in Melbourne.

1899. A new name: "Calzaturificio di Varese”



1914 | Calzaturificio Di Varese
Drawing by Leopoldo Metlicovitz

1915 | Calzaturificio Di Varese


Inizio Novecento. è fra i 5 stabilimenti italiani a produrre interamente a macchina, negli stabilimenti in via Milano. Con 50 macchine cucitrici la produzione media giornaliera è di 1.500 paia di scarpe.

Early Twentieth Century. The shoe factory in Via Milano is among the five Italian factories to produce machine-made shoes only. 50 sewing machines and an average daily production of 1,500 pairs of shoes.


1916 | Calzaturificio Di Varese

1916 | Calzaturificio Di Varese
Drawing by Marcello Dudovich



Prima Guerra Mondiale. il calzaturificio è precettato per fornire all'esercito italiano milioni di scarpe. Questo porta lo stabilimento a un grande sviluppo. 

World War I: the factory is enlisted to provide shoes to the Italian (literally millions of). A huge development follows.




1919 | Calzaturificio Di Varese

CA 1920 | Calzaturificio Di Varese
A Love Story

Primo dopoguerra. Apertura del primo negozio a insegna "Calzaturificio di Varese" in piazza Mercanti a Milano. Seguono negozi a Genova, a Bologna, a Torino e altre città. 

First Postwar period. Opening of the first store named "Calzaturificio di Varese" in Piazza Mercanti, Milan. Other openings follow in Genoa, Bologna, Turin and other cities.



1929 | Calzaturificio Di Varese

1929 | Calzaturificio Di Varese


Secondo dopoguerra. Si aprono altri 30 negozi. Il calzaturificio di Varese è fra i pionieri della distribuzione moderna, con una rete di oltre settanta negozi monomarca in Italia. 

1947-1949. Per tre anni sponsorizza la trasmissione radiofonica di Giovannino Guareschi, «Caccia ai ricordi» con protagonisti i personaggi allora popolarissimi di Giovannino e Margherita del «Corrierino delle famiglie».


Second postwar period. 30 new openings. The shoefactory in Varese is a leading pioneer of the modern distribution, with a network of more than seventy stores in Italy. 

1947-1949. Sponsor for the radio program «Caccia ai ricordi» by Giovannino Guareschi , starring popular characters of the time.


1949 | Calzaturificio Di Varese

1951 | Calzaturificio Di Varese

1960 | Calzaturificio Di Varese

1967 | Calzaturifico Di Varese for Mila Schon
Source: Vogue Italia

Anni Sessanta e settanta. Nuovi impianti produttivi in viale Belforte a Varese. La produzione si differenzia e si fanno anche borse. Il Calzaturificio di Varese partecipa a Carosello, con l'attrice Renée Longarini. Il Calzaturificio di Varese è la più grande organizzazione italiana nel settore calzaturiero: prodotte e vendute un milione di paia l'anno. 

Sixties and Seventies. Brand new factory opened in Varese, Viale Belfiore. Begins the hand-bags production. More money are invested in TV commercials. Di Varese is the biggest company in the Italian footwear industry: manufactured and sold a million pairs per year.


1970 | Calzaturificio Di Varese

1973 | Calzaturificio Di Varese

Anni Ottanta. Inizia il declino.

1982. Il pacchetto di maggioranza passa nelle mani del gruppo Benetton: il “Calzaturificio di Varese” deve lasciare Varese. Svenduto il magazzino, tutto trasferito a Montebelluna, 140 lavoratori senza lavoro e niente più scarpe classiche ed eleganti, ma casual e colorate. Basta anche col vecchio nome. Il marchio diventa “DiVarese”.

1998: “nel piano di consolidamento e di ottimizzazione di tutte le attività che fanno capo a Benetton” il marchio DiVarese viene ceduto alla Step dei fratelli Enzo e Vittorio Schillaci, per “il rilancio produttivo e commerciale di uno dei più conosciuti e tradizionali marchi italiani di calzature”.

2006: i due fratelli Schillaci riportano a Varese marchio e produzione in una nuova sede in Via Peschiera. Si torna allo stile classico, non più industriale, ma prodotto artigianalmente. 


Eighties. The decline.

1982. The majority ownership goes to Benetton group: the "Calzaturificio di Varese” has to leave Varese. Sold off the stock, production moved to Montebelluna (Treviso), 140 redundancies, no more classic and elegant shoes but casual and colorful. Also the name is dismissed. The brand becomes "DiVarese".

1998. As “part of the plan for consolidation and optimization of all the activities controlled by Benetton” and in order to “revive production and sales of one of the most famous and traditional Italian shoe brands” , the group sells the brand to Enzo e Vittorio Schillaci.

2006. The Schillaci brothers take back home in Varese both brand and production, in a new lab in Via Peschiera. It’s a return to the classical style, no longer industrial, but handmade.



CALZATURIFICIO
DI VARESE
I N D E X

Sunday, January 30, 2011

SUCKING IN THE SEVENTIES | FIORUCCI SHOES

HU... WHAT IS THIS?

FIORUCCI
WUNDERKAMMER | INTERNATIONAL FOOTWEAR MUSEUM OF VIGEVANO
Photograph: WOP

Sandalo Fiorucci conservato al Museo Internazionale della Calzatura di Vigevano. Ringraziamo Armando Pollini - direttore artistico - per la collaborazione/consulenza.

Fiorucci sandal kept at the Internation Footwear Museum of Vigevano. Thanks to Armando Pollini, museum's artistic director.


FIORUCCI
WUNDERKAMMER | INTERNATIONAL FOOTWEAR MUSEUM OF VIGEVANO
Photograph: WOP

FIORUCCI
WUNDERKAMMER | INTERNATIONAL FOOTWEAR MUSEUM OF VIGEVANO
Photograph: WOP

FIORUCCI
WUNDERKAMMER | INTERNATIONAL FOOTWEAR MUSEUM OF VIGEVANO
Photograph: WOP

2011 | Vigevano Footwear Museum director Armando Pollini & Elio Fiorucci
Source: Comune di Vigevano


1935 - 2015 | ELIO FIORUCCI
IN MEMORIAM

1970 | WHEN ELIO FIORUCCI BECAME FIORUCCI
MILAN, GALLERIA PASSARELLA

FIORUCCI DIFFUSIONE & TITANO
DESIGNED BY SALVATORE DEODATO




1974 - Fiorucci
Photo by A. Concari - Ufficio Pubblicità Fiorucci

IRENEBRINATION | NOTES ON ART, FASHION AND STYLE [LOT OF STYLE]




IRENEBRINATION é il blog della giornalista  freelance Anna Battista, (la potete leggere anche su Zoot Magazine e Dazed Digital) che ha raccolto l'appello per la Collezione Zaffaroni.  
G R A Z I E !!
IRENEBRINATION is Anna Battista's blog. She's a writer, freelance journalist (Zoot Magazine, Dazed Digital) who welcomed our appeal about the Zaffaroni Collection and  decided to write about it.
T H A N K  Y O U !!
[MB+IV] 

Thursday, January 27, 2011

1915-1918 | FOOTWEAR AT THE FOREFRONT [THE ARMY]

SCARPE IN PRIMA LINEA [L'ESERCITO]
di Irma Vivaldi



International Footwear Museum Of Vigevano
Esercito Italiano 1915-1918 | Italian Army 1915 - 1918
Photograph: Irma Vivaldi

International Footwear Museum Of Vigevano
Esercito Italiano 1915-1918 | Italian Army 1915 - 1918
Photograph by WOP

International Footwear Museum Of Vigevano
Esercito Italiano 1915-1918 | Italian Army 1915 - 1918
Photograph by WO

International Footwear Museum Of Vigevano
Esercito Italiano 1915-1918 | Italian Army 1915 - 1918
Photograph by WO


[English text below]


Con la storia del Calzaturificio Borri siamo arrivati alle soglie della Grande Guerra. Giuseppe Borri ne fu personalmente coinvolto essendo stato nominato Ispettore Generale delle calzature nazionali, dopo gli importanti riconoscimenti pubblici degli anni precedenti.

In poche altre occasioni è stata data un'attenzione governativa così alta alle calzature come durante il primo conflitto mondiale. Visto il ruolo ricoperto da Giuseppe Borri apriamo due parentesi su alcuni aspetti del mondo calzaturiero di quegli anni:

- le forniture calzaturiere all'esercito

- le calzature civili.

Nel maggio del 1915, in pieno fermento pre-bellico, un decreto reale istituì una commissione interministeriale, preceduta dal senatore marchese Cassis, consigliere di Stato, che si doveva occupare del grosso problema dell’approvvigionamento di calzature per un nuovo esercito e per la marina. Della commissione facevano parte rappresentanti del ministero della Guerra, della Marina e dell’Agricoltura, degli industriali conciatori e degli industriali calzaturieri. 

Scopo della commissione era identificare i possibili fornitori a livello nazionale per le calzature e le pelli (fu poi istituito l'obbligo per tutti i fabbricanti di produrre calzature militari) e creare un coordinamento nazionale fra questi fornitori per facilitare la produzione. L’altro principale filone di attività era la determinazione ed il controllo dei prezzi delle materie prime e dei prodotti finiti.

Oltre ai limiti della capacità produttiva, numerosi furono i casi di truffe che richiesero un’intensa attività di controllo e supervisione sulla qualità dei prodotti. Alcuni esempi:

- il processo al calzaturificio Bises di Roma, accusato di aver lavorato con materiale scadente

- il caso di Guido Bacher e Giovanni Sari, soci del "Calzaturificio Moderno", cui erano state commissionate ben sedicimila paia di stivaletti militari contestati; 

- Antonio e Silvio Toccafondi, condannati a dieci anni di reclusione per aver fornito 1178 paia di stivaletti a gambaletto per la fanteria a 18 lire il paio confezionati con cuoio scadente, feltro vecchio e privi di sottosuole.

- Tra i più eclatanti lo scandalo - esteso a macchia d’olio seguendo la catena di subappalti - che affiancava due aziende note ai tempi, la Menesini-Servadio, produttrice di tomaie, che aveva sede in via Gioberti a Firenze e la “calzoleria Toscana” di via Martelli a Firenze, diretta a quel tempo da Leto Margheri. 

Una delle truffe più comuni era la produzione di scarpe militari contenenti cartone fra suola e suola, tanto più problematico se si pensa ai luoghi dove principalmente si svolse il conflitto. 




“Si fabbricano calzature sovrapponendo molti pezzi di stoffa fittamente cuciti con forte spago. Le grosse macchine Singer possono riunire dodici spessori di canovaccio da vela: la cucitura, stringendo l’ordito e la trama, collega gli strati sovrapposti: il tutto è reso solidale dalla impermeabilità e dal catrame, dalla pece, dal sego, dalla resina  dall’olio. 
I due strati superiori della suola composta sporgono ad alette per cucirvi le tomaie ed i gambali di grossa tela di canapa imbevibile con olio di lino” 
(La Stampa, 29 ottobre 1915). 


A rare moment of peace on the Italian front

Le comunicazioni ufficiali parlarono di un successo nella fornitura di calzature e teli impermeabilizzanti all’esercito tanto che i casi di congelamento agli arti erano ridotti praticamente a nulla, nonostante dislocamenti militari in montagna, anche oltre i 2000 metri. 

Però l’approvvigionamento delle calzature per l’esercito continuò a rimanere un problema e lo testimonia il fatto che si suggeriva ai richiamati di fornirsi di scarpe proprie:

“Si consiglia ogni buon cittadino di presentarsi alle armi con un buon paio di calzature di marcia (stivaletti allacciati con gambaletto, usualmente chiamati scarpe alpine) munite di chiodatura: ne ritrarrà il vantaggio di calzare scarpe già bene adattate al piede ed agevolerà in pari tempo le operazioni di vestizione presso i depositi, rendendole più speditive” 
[Ministero della Guerra, comunicazione ai richiamati, agosto 1915, messaggio ripetuto in chiamate successive]  

In relazione allo stato d’uso, sarebbe stato dato un compenso al richiamato per le calzature da L.16,50 a scendere. 

16 lire per le calzature era una quotazione piuttosto alta ed era la cifra pagata anche ai calzaturifici per spingere una produzione veloce e massiccia per le forniture all’esercito. 

E la qualità? Lasciamo la parola al poeta Piero Jahier, testimone diretto. 

"Scarpe" di Piero Jahier.



1915 | [Below]  Italian Army boots
From: The Footwear Museum Bertolini CATALOG | 1974
Source: Museo dell'Imprenditoria Vigevanese


With the Calzaturificio Borri timeline we are approaching the Great War. Giuseppe Borri was personally involved, having been appointed footwear's General Inspector, after the public recognitions of the previous years.

In few other occasions the Italian government gave more attention to footwear than during The Great War. Given the role played by Giuseppe Borri we'll talk about the footwear industry at that time, in particular:

- Footwear supplies to the army


- Footwear for civilians

In May 1915, during the pre-war turmoil, a royal decree established an interministerial Committee (preceded by the Marquis Senator Cassis, State Councillor) to deal with the crucial problem of supplying shoes to a new army and to the navy. 


The Committee had representatives from the Ministry of War, Navy, Agriculture, tanners and footwear manufacturers.
Committee's purpose was to identify potential suppliers for shoes and leather (it was later imposed to all the manufacturers an obligation to produce military footwear) and to create a national co-ordination between the suppliers to expedite the production. 


Price control on raw materials and finished products was also taken into account.

In addition to the limits of production capacity, a significant amount of frauds came into play.


A few examples:

- The proceedings against Bises shoefactory in Rome, charged for the use of poor materials;


- The case of Guido Bacher and Giovanni Sari, owners of the "Calzaturificio Moderno”. Sixteen thousand pairs of military boots had been rejected;


- Antonio and Silvio Toccafondi, sentenced to ten years imprisonment for providing 1178 pairs of boots with ankle pads for the infantry (18 Italian Liras a pair), made up of poor leather, old felt and without subsole.


-  One of the most sensational scandals – widely expanded along the chain of subcontractors - concerned two companies known at the time, the Menesini-Servadio, a shoe uppers manufacturer, with headquarters in Florence, via Gioberti, and the "Calzaturificio Tuscano" in Florence, Via Martelli, at that time directed by Leto Margheri.

One of the most common frauds was the production of military shoes containing cardboard between sole and sole. It was the biggest problem given where the conflict took place.



"Footwear is produced by overlapping many pieces of fabric sewn tightly with strong string. The big Singer machines can bring together twelve layers of sail cloth: the seam, holding the warp and weft, links the layers: the whole is made integral by tar, wax, tallow, resin and oil. The two upper layers of the sole jut out with little wings to sew uppers and ankle pads made with a thick canvas soaked in linseed oil "
[La Stampa, daily newspaper – 1915, October 29]




The official statements considered a success the supply of shoes and waterproof cloths so that cases of frozen limbs were reduced down to nothing despite weather conditions and aggressive environment (above 2000 meters).

However, the army footwear supplying remained a problem: proof was the suggestion to drafted soldiers to provide themselves with their own shoes:


"We exhort every good citizen to present himself to arms  with a good pair of marching shoes (laced boots with ankle pads, usually called alpine shoes) with hobnails, in order to benefit the advantage of wearing already well fitting shoes, and to speed up the clothing operations."
[Ministry of War, communication to drafted soldiers, August 1915, a message repeated in subsequent calls].


Up to 16,50 Italian Liras was paid for shoes in good conditions. 16 Italian Liras a pair was a pretty high price and the same amount was paid to the footwear factories in order to push a massive and fast production.

And what about the quality? As a witness, we'll let the poet Piero Jahier do the talking.


Piero Jahier's "Shoes".


1919 | PIERO JAHIER'S SHOES

Tratto da: PIERO JAHIER | Con me e con gli alpini. Primo quaderno
[Libreria della Voce - Firenze - 1919]

English text below


























Scarpe

Stando più basso di loro che mi circondano 
seduti sul declivio, vedo luccicar le brocche 
delle cento scarpe ferrate. 
Attacco a parlar scarpe, allora. 
Pochi han serbato le proprie. 
Avevano la moglie o il padre a cui doverle 
passare; erano scarpe aspettate. 
Eppoi son stati tentati dalle scarpe nuove che 
dà la patria. 

La patria - che è tanto potente - avrà certo 
preparato scarpe migliori del loro ciabattino. 
Ma quelli che han confidato nella patria si 
sono sbagliati; quelli che confidavano nel ciabattino han fatto bene. 

Levano il piede asciutto di dentro l'onesta 
scarpa puntuta del montanaro, tomaia arcuata 
su cui scivola l'acqua, suola che non sporge 
per farsi vedere, ma aderisce alla tomaia con 
stretta fessura che un fià de grasso basta a 
impermeabilizzare. 

Le scarpe che la patria ha dato - invece - 
son massa grame. 

O se bagnassero soltanto d'acqua! Ma mordono 
cogli acidi di conciatura. 
O se bagnassero solo quando piove! Ma sentono la nuvola in cielo; se appare la nuvola 
siamo belle fregati. 

Sono il nostro barometro le scarpe della patria. 
O se sciupassero soltanto i piedi ! 
Ma sciupano le calze col tannino. Sapete che 
una calza dura una marcia a un soldato? 
Si nutre di calze la scarpa americana. 
Noi eravamo abituati che ne le nostre scarpe 
"prima d'un ano no ghe pioveva". 
È una parola che fa pensare. 
Eppoi, anche la forma sbagliata. 
È stata scelta la scarpa quadra. 
Ma noi non siamo plantigradi americani. 
A noi ci vuole la scarpa puntuta perchè sotto 
la punta c'è il dito grosso, dito forte che 
piega, che trova la ruga sulla parete e ci si 
tiene; che spezza la crosta, che fruga. 

A noi ci vuole la scarpa che si cambia di 
piede: piede sinistro fa piede destro, quando 
uno è consumato. 

Abbiamo perso la sua utilità cosi giovevole 
all'alpino. 

E perchè tanto forti nel mantice dove bisogna 
esser gentili? 

Guardo con tristezza le scarpe della civiltà 
presuntuosa che ha sprezzato quell'altre primitive, figlie allo zoccolo montanaro e somiglianti al loro padre. 

E la superba civiltà del progresso senza confini. 
Da une parte entra i bovi; dall'altra esce 3000 
tomaia confezionate. 

O se sciupassero soltanto i piedi queste tomaie civili! 

O se bagnassero solo quando piove! 
Ma durano bagnate nella locanda di vento 
che è la camerata. 

Guardo con tristezza le scarpe della nostra 
potente patria: le mie e le loro, qui su questo 
prato d'Italia dove vorrei spiegare perchè la 
scarpa d'Italia è la migliore. 
Poi dico: ragazzi, sopportiamo perchè è la 
nostra patria. 

Facciamo conto di essere un po' maltrattati 
da nostra madre. 

Rimediamo col grasso, rimediamo colla cura. 
È un po' giovane la nostra patria. Quando 
si è giovani pare di far più presto a non seguire la strada. 

Era già fatta la scarpa alpina. 

E invece l'ha voluta inventare. 

Però nessuno ci impedirà di cantare che: 

le scarpine 
che noi portiamo 
son le rovine 
di noi soldà 
ovverosia che

le scarpette 
che noi portiamo 
son le barchette 
di noi soldà 

cara porca Italia, che coi piedi in molle vuoi 
farci morire! 

La firma nella prima edizione di "Con me e con gli alpini"

Jahier signature on the first edition of "With Me And The Alpini"

















FROM: PIERO JAHIER - With Me An The Alpini. First Book. 
[Libreria di Firenze - 1919]
[...]

The native Country - which is so powerful - would certainly prepare better shoes than the cobbler. But those who trusted the country were wrong, those who trusted the cobbler did well.

Their feet are dry inside the honest pointed shoe done by mountain dwellers, curved upper where the water slips away, sole that does not jut out to be seen, but adheres to the upper with a narrow slit that a pinch of fat makes waterproof.

The shoes gave by the Country - instead – are completely wretched.

Oh, if they would only wet with rainwater! And they bite with the acids of tanning. Oh if they would only wet when it rains! But they feel the cloud in the sky; if the clouds appear, we are done.

Our shoes are the barometer of the Country. Oh if they only damaged feet! But they waste socks with tannin. Stockings endure just a march to a soldier, did you know it?

[...]


Piero Jahier

Wednesday, January 26, 2011

MADE IN ITALY || FUORI DAL CORO ||STRIKING A DISCORDANT NOTE



"Dobbiamo rivedere la legge sul Made In Italy delle manifatture" - si accalora Zaia - Non é sufficiente che ci siano tre lavorazioni fatte in Italia per definire un prodotto italiano, deve essere fatto qui al 100%, se la gente vede che dietro ci sono realtà come questa, é anche disposta a spendere di più."


La realtà di cui parla il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia é la Cooperativa Montana Femminile di Arsiero (Vicenza). Diciotto donne che, previo corso di specializzazione, lavoreranno per Bottega Veneta. La notizia é stata riportata OVUNQUE, quindi non indugiamo oltre.

Quello che nessuno ha rilevato é che Zaia ha posato la pietra tombale sul delirio noto come legge "Reguzzoni-Versace-Calearo", i cui autori incidentalmente sono tutti suoi colleghi di partito e/o coalizione. 

Al momento - 48 ore dopo la dichiarazione - nessuno dei tre interessati ha reagito al manrovescio. Troppo impegnati a governare oppure hanno capito?

***


"We need to revise the "Made in Italy" law - said Zaia - Three phases in Italy doesn't justify the label, it should be done 100% here. Customers willingly spend a bit more once aware of initiative like this one."
 

Venetian Governor Luca Zaia talks about the Cooperativa Montana Femminile from Arsiero, Vicenza. 18 women will produce "the Veneta" for Bottega Veneta, after a specialized training. 

The piece of news is all over the net but NOBODY pointed out that Zaia was striking a very discordant note about the infamous "Reguzzoni-Versace-Calearo" law made by politicians from his own party/coalition. 

48 hours after the statement no politician said anything about it: too busy running the Country or they finally understood the sad truth?

Tuesday, January 25, 2011

1906 | CALZATURIFICIO BORRI AT THE EXPO IN MILAN

1906 | IL CALZATURIFICIO BORRI ALL'EXPO DI MILANO
by Irma Vivaldi


1906 | La Galleria del Lavoro all'esposizione internazionale di Milano.

1906 | Work's Pavilion at the Milan EXPO.


[English text below]


Nel 1906 Milano ospitò l’Esposizione Internazionale, dedicata all'inaugurazione del traforo del Sempione. 

A quel tempo in Italia c’erano solo cinque stabilimenti che producevano interamente a macchina le calzature: due in provincia di Varese (Borri e il Calzaturificio di Varese), uno a Milano (Piatti & C.), uno a Napoli (Krebs) e uno a Torino (la Manifattura pellami e calzature).

La società americana produttrice dei macchinari, tramite il distributore francese, scelse di delegare la propria rappresentanza all’esposizione al calzaturificio Borri & Vitale di Busto. Così nei mesi dell’esposizione, Borri trasferì al padiglione del lavoro una delegazione dei suoi operai, che mostrava il funzionamento dei macchinari, realizzando calzature sotto gli occhi stupiti del pubblico. Entusiastici i commenti dei visitatori:


Lo stand Borri presso la Galleria del Lavoro
(Fonte:  "La Domenica del Corriere")

Borri stand at the Work's Pavilion.
(Source: "La Domenica del Corriere)


"Alla esposizione di Milano nella Galleria del lavoro (sezione francese) una delle mostre che attirano maggiormente l’attenzione del visitatore è quella data dalla confezione meccanica delle calzature della ditta Giuseppe Borri di Busto Arsizio… ed è certo con grande meraviglia che si ferma ad osservare il rapido confezionamento delle calzature…che gradatamente prende forma ed eleganza”

“tutte le forme di stivaletti erano colà rappresentate e vedendoli finiti nella freschezza delle pelli, nell’eleganza della finitura, non riuscivo ancora a persuadermi che quello poteva essere prodotto con l’aiuto delle macchine” 
[L’inviato della “Domenica del Corriere” 2 settembre 1906]


“La cucitura Goodyear è universalmente riconosciuta la migliore e adottata dalle principali fabbriche Americane e Francesi. La calzatura Goodyear è preferita da tutti i consumatori per la sua superiorità sul cucito a mano, perché è l’unica calzatura a macchina che si possa riparare. Essa è leggera, elegante, pieghevole e di solidità incontestabile."

"Essendo questo sistema il più perfetto d’ogni altro, mentre permette di risolvere il problema di produrre delle calzature di una qualità sempre uniforme e d’una superiorità senza pari, permette altresì di rendere il lavoro più perfezionato, più sollecito e più sicuro”

[Da “l’Almanacco Italiano” del 1906 e del 1908 - R. Bemporad e figlio Editori]




Un modello Borri di inizio '900

Borri shoe early '900

“tutti i visitatori avranno potuto ammirare la fabbricazione della magnifica e razionale Calzatura Sempione, in oggi domandata su vasta scala da tutta la clientela”.


Rational shape/Modern shape 
Source: L'Almanacco Italiano

Il logo della marca Sempione, con Mercurio che attraversa
il Sempione su una ruota alata, brevettato nel 1906.

Simplon brand logo with Mercury on winged wheel crossing 
the Simplon Route. 1906


Una nota: “Calzatura Sempione” era la marca delle calzature realizzate negli anni del sodalizio dei due calzaturieri Borri e Vitale e dopo la loro separazione rimarrà in uso al solo calzaturificio Vitale.



Calzaturificio BORRI
Inside the factory: where the uppers are made


Nei primissimi anni del Novecento la produzione giornaliera del Borri era di 500 paia di scarpe, "da uomo, da signora e da ragazzo" e occupava circa 200 persone. Fare una scarpa a macchina era un processo che prevedeva oltre 70 passaggi, dalla misurazione delle pelli alla finitura e le calzature prodotte erano di "qualità Superiore" o "qualità extra", costando circa 12 lire quelle da uomo, 10 quelle da donna e 6 le scarpette da bimbo.

Il successo dell’esposizione portò al calzaturificio i primi riconoscimenti ufficiali: la Medaglia d’Oro della Galleria del lavoro e la medaglia d’argento della Galleria dei Trasporti. Negli anni seguenti ne arrivarono altri: medaglia d’oro anche nelle esposizioni di Londra (1906), Madrid (1907) e Copenaghen (1908). E infine la Grande Medaglia D'oro e Diploma al Concorso al Merito Industriale del 1908.

Oltre a garantire medaglie, l'esposizione di Milano fu per Giuseppe Borri un ottimo trampolino di lancio verso il successo commerciale. Già l'anno successivo avviò ulteriori ampliamenti agli stabilimenti di Busto e la capacità produttiva arrivò fino a 1000/1200 paia di scarpe giornaliere. 

Intanto si avvicinava la Grande Guerra.



Calzaturificio Borri & Vitale logos

1908 - Calzaturificio BORRI
The factory

1908 - Borri shoe.


THE SHOE FACTORY BORRI
I N D E X 



In 1906 Milan hosted an International Exposition, dedicated to the opening of the new Simplon Tunnel.

At that time in Italy only five factories produced machine-made footwear: two in the Varese province (Borri and Calzaturificio di Varese), one in Milan (Piatti & C.), one in Naples (Krebs) and one in Turin (the Manifattura pelli e calzature).

The machinery's American company chose to delegate, through the French distributor, its representation to the Calzaturificio Borri. So, during the Exposition, Borri moved a delegation of his workers, to demonstrate the shoe making process on site. Enthusiastic comments ensued:

"At the Work's Pavilion (French section), one of the most attractive exhibitions is the one given by the mechanical footwear production from the Giuseppe Borri Company of Busto Arsizio ... and it is certainly very surprising to observe the rapid-fire production of the shoes ... which gradually take their elegant shape."

"All kind of boots was shown: the freshness of the leather, the elegance of the finishings. I couldn't believe they weren't made by hand." 
["Domenica del Corriere" September 2, 1906]

"Goodyear seam is universally recognized as the best one and it is adopted by major American and French factories. The Goodyear system is preferred by consumers because it is the only machine-made seam that can be repaired."

"It is light, elegant, flexible and with an undeniable strength."

"It is the most perfect system and it guarantees standard quality footwear of unparalleled level; it also makes the production more refined, quicker and safer."

"All visitors enjoyed the magnificent and rational Sempione Footwear, demanded today by all customers."

[From “L’Almanacco Italiano” - 1906 and 1908 - R.Bemporad e figlio Editori]

Note: "Simplon Shoes" was the footwear brand produced by the Borri & Vitale partnership. After their split it remained in use to the latter.

During the early twentieth century Borri employed about 200 people whose daily production was up to 500 pairs of shoes, "for men, women and boys". Making a machine-made shoe was a process including more than 70 passages: from leather measuring to finishing. Borri footwear was ranked as "high quality" or "extra quality", with an average price of 12 Italian Liras for men's shoes; 10 for women's; 6 for baby's.

The success at the Exposition gave the shoe factory its first break with the Work Pavilion's Gold Medal and the Transport Pavilion's silver medal. In the following years they won even more: gold medals in London (1906), Madrid (1907) and Copenhagen (1908). And finally the Great Gold Medal at the Business Competition in Italy (1908). 

The year after the Exposition Borri extended the Busto Arsizio plant. The production capacity reached up to 1000/1200 pairs of shoes per day. 

Meanwhile, the Great War was coming up ...

THE SHOE FACTORY BORRI