Thursday, April 28, 2011

AT THE MUSEUM OF MODERN ART | 1970 | CRESPOR BY CRESPI SPA & ORSA | NOT GENUINE LEATHER BUT GENUINE ART| PART 1

1970 | La Crespi SPA di Legnano - in collaborazione con la ORSA di Gorla Minore - inventa il CRESPOR e lo presenta nella fantastica ambientazione del Museo Pagani di Arte Moderna di Castellanza, (Varese).

1970 | The fabulous setting of the Museum Pagani of Modern Art (Castellanza, Varese) was the scenario to show the new synthetic product called CRESPOR produced by Crespi S.P.A. (Legnano, Milano) with the help of O.R.S.A. (Gorla Minore, Varese).



Pagani Museum Of Modern Art
Castellanza, Varese


Il Museo Pagani è un museo all’aperto situato in un parco di circa 40.000 mq dove trovano collocazione centinaia di pezzi tra sculture e mosaici. É stato inaugurato nel 1957 da Enzo Pagani, pittore, scultore e mercante d’arte. Tra gli artisti presenti ricordiamo Sonia Delaunay, Jan Koblasa, Toyofuku Tomonori, Férnand Leger e Man Ray.

The Pagani Museum of Modern Art is an open air museum located in Castellanza, Varese. Founded by sculptor/painter/art merchant Enzo Pagani in 1957, the park-museum (about 40,000 sq mt wide) is filled with hundreds of sculputes and mosaics. Among the represented artists: Sonia Delaunay, Jan Koblasa, Toyofuku Tomonori, Férnand Leger and Man Ray.



1970 | Crespor by Crespi/ORSA
Pagani Museum of Modern Art | Castellanza, Varese

2011 | Not art, just a flight of steps
Pagani Museum of Modern Art | Castellanza, Varese

1970 | Crespor by Crespi/ORSA
Pagani Museum of Modern Art | Castellanza, Varese

1970 | Crespor by Crespi/ORSA
Pagani Museum of Modern Art | Castellanza, Varese

1961 | Toyofuku Tomonori
Pagani Museum of Modern Art | Castellanza, Varese

1961 | Toyofuku Tomonori | Detail
Pagani Museum of Modern Art | Castellanza, Varese


Le opere di Toyofuku Tomonori fanno parte di collezioni private e pubbliche in tutto il mondo; tra i musei ricordiamo: Moma (NY), National Museum of Modern Art (Tokyo), Galleria d'Arte Moderna (Roma), Guggenheim (Venezia).

Tomonori's works are part of private and public collections around the world; among the museums: Moma (NY), National Museum of Modern Art (Tokyo) and Galleria d'Arte Moderna (Rome), Guggenheim (Venice).



1970 | Crespor by Crespi/ORSA
Pagani Museum of Modern Art | Castellanza, Varese

Nino Cassani
Pagani Museum of Modern Art | Castellanza, Varese

Nino Cassani è stato titolare della cattedra di scultura all’Accademia di Venezia (1977-1981), all’Accademia Albertina di Torino (1982-1989) e all’Accademia di Brera di Milano (1990-1995). Vive e lavora a Milano.

Nino Cassani got tenured at Accademia of Venice (1977-1981), Accademia Albertina of Turin (1982-1989) and Accademia of Brera, Milan (1990-1995). He lives and works in Milan. 



CRESPOR BY CRESPI SPA & ORSA
AT THE PAGANI MUSEUM OF MODERN ART
PART 2

Wednesday, April 27, 2011

THESE BOOTS ARE MADE FOR WALKING # 6 | STILETTOS V/S SNEAKERS

FOOTWEAR ON RECORD JACKETS

Il post sui tacchi a spillo é tra i più visti; quello sulle sneakers tra i meno considerati. Qui tentiamo il compromesso storico.

The stiletto’s post was one of the most viewed; the sneakers post one of the most neglected. Here we try to find a middle ground.


1000 Mexicans
1985 - Dance Like Ammunition (TWIST)


Un giornalista musicale li ha defintiti “l’equivalente musicale del calcio totale olandese”. Decisamente superiori rispetto alla scabrosa media del pop britannico - anche odierno intendo - ma non esageriamo. La copertina é quella della ristampa spagnola del 1989 curata dalla Producciones Twins.

From the official web site: “Described by one journalist as the musical equivalent of the 70s Dutch team with their total football". A bit of an exaggeration, isn’t it? Although it is fair to say they are far superior to the average pop band from the U.K. (Not that difficult). The sleeve is the Spanish re-release from 1989 (Producciones Twins).


1000 Mexicans
1985 - Dance Like Ammunition | Back cover |



The Babys
1978 - Head First (Chrysalis)


Con “Head First”, terzo album, é cominciata la parabola discendente del gruppo di John Waite che i più stagionati ricorderanno per “Missing You”. Non che prima fossero molto meglio, ma almeno non rovinavano i brani con tastiere asfissianti - non tutti almeno - e tentavano di limitare le ballate strappalacrime.

“Head First” is third LP that marks the beginning of the end for the John Waite’s band. Never a real rock band but at least - earlier in their career - they had a couple of rockers per album among the poignant ballads.


The Babys
1980 - Turn And Walk Away/Too far Gone 7" 
(Chrysalis)

Senza speranza, si salvano giusto per le copertine. Il peggio del finto rock americano (made in UK).

AOR of the worst kind even though the b-side is almost listenable.



The Act-Ups
2003 - I Bet You Love Us Too 
(Hey Pachuco! Records)

Qui incominciamo a ragionare. Album d’esordio dei portoghesi Act-Ups: garage-punk/R&B competente che attinge da Stooges, Fleshtones e Reigning Sound. Bravissimi.

Now we’re talking: debut album from the Portuguese Act-Ups: great garage-punk/R&B with nods to Stooges, Fleshtones and Reigning Sound.





The Act-Ups
2003 - I Bet You Love Us Too | Back cover

Untied Shoes
2010 - Buy It Or Steal It (Infected Records)


I Pennywise portoghesi. Dignitosi, ma replicanti.

Hardcore à la Pennywise from Portugal.



Crippled Old Farts
2011 - S/T 7" (Shogun Records)
Seconda uscita per questi parigini nati dall’esperienza dei Customers. Hardcore anni ottanta non originale, ma ben fatto. Grafica curata del cantante Steph Rad Party.

Second release from the former Customers (Paris): 80’s style HC done right. Graphics by vocalist Steph Rad Party.


Soldiers
2011 - Hit-The Bricks (State Of Mind Recordings)
Metal-core from Long Island, NY.



Minus
2011 - Hard Feelings (Triple B Records)
Metal-core from Santa Barbara, CA.




OFF!
2011 - Compared To What/Rotten Apple 7" 
(Southern Lord)

Edizione limitata per il tour americano; l’altra versione - altrettanto limitata - é uscita per il Record Store Day (16-04-2011). Grafica a cura di Aaron Edge (The Horde, HimSa, Everything Went Black).

The BEST for last. As corny as it may sound: HARDCORE-PUNK the way it should be. Pictured is the limited edition for the american tour; the other version - equally limited - was released for the Record Store Day (04-16-2011).
Graphics by Aaron Edge (The Horde, HimSa, Everything Went Black).


DON'T FORGET:













These Boots Are Made For Walking


Sunday, April 24, 2011

1970 | SALVATORE DEODATO & TITANO FOR FIORUCCI DIFFUSIONE

Titano by Deodato for Fiorucci Diffusione
Source: Foto Shoe # 10 | 1970, October


1970 | Le scarpe del Calzaturificio Titano disegnate da Salvatore Deodato distribuite per il mercato italiano ed europeo dalla neonata Fiourucci Diffusione.

1970 | Titano shoes designed by Salvatore Deodato distributed in Italy/Europe by the newly born Fiorucci Diffusione.




1970 | Titano by Deodato
Photo by Matteo Zaffaroni


Dalla Collezione Zaffaroni: questo modello - e altri 50 - sono stati esposti al Museo della Calzatura Vincenzo Andolfi di Sant’Elpidio A Mare (Maggio-Ottbre 2011).

From the Zaffaroni Collection: this model - and 50 others - were exhibited at the Footwear Museum Vincenzo Andolfi in Sant’Elpidio A Mare (May-October 2011).


Saturday, April 23, 2011

“MADE IN ITALY” 40 YEARS AGO

Nel 1970 c’era ancora il Mec e la UE era lontana a venire, ma già allora nelle classifiche europee l’Italia tendeva a collocarsi in zona maglia nera.
IRMA VIVALDI


1969 | Lario


In quell’anno ad esempio un’indagine all’interno dei paesi del Mec aveva rivelato l’Italia all’ultimo posto per consumo di calzature procapite (un paio all’anno). Ci si chiedeva quali fossero le ragioni. Troppo care? Eccessivamente legate alla moda?

La rivista Foto Shoe organizzò una tavola rotonda per dibattere sulla scarsità dei consumi calzaturieri. Invitati a parlarne furono Luigi Frazzini di Upim ed Elio Fiorucci (in qualità di esponenti di due diverse tipologie di negozi di moda), il designer di calzature Armando Pollini e Giuliano Saibene del calzaturificio Lario in rappresentanza dei produttori di calzature.



1969 | Foto Shoe # 0


La questione - in virtù delle polemiche generate - era destinata a trascinarsi a lungo.

Frazzini imputava la colpa agli alti costi, che a loro volta derivavano dalla mutevolezza della moda: questa toglieva la possibilità di lavorare su larga scala ed esponeva i commercianti al rischio di giacenze appena una tendenza finiva.



Elio Fiorucci


Rispondeva Fiorucci, rimproverando i commercianti per i loro alti ricarichi e rincarava la dose Pollini, accusandoli di non saper comprare bene.
Ma l'argomento destinato ad accendere maggiormente gli animi era su quale tipo di direzione avrebbe dovuto seguire la produzione italiana:

- materiale sintetico o naturale?

- produzione industriale o qualità artigianale?

- produrre secondo i veloci dettami della moda significava la fine della qualità?


Giuliano Saibene | Lario


Per Giuliano Saibene, storico calzaturiere comasco, la priorità doveva essere conservare la connotazione di elevati standard qualitativi per la produzione italiana; d’altra parte ai tempi mancava la possibilità di aumentare la produzione: in Italia non c’era manodopera sufficiente.

Fiorucci e Pollini sostenevano che in realtà c’erano ampi margini per coniugare produttività e contenimento di costi con i dettami della moda, come stava accadendo in quegli anni nell’abbigliamento, con l’avvio della produzione in serie.

C’era la possibilità di produrre una calzatura valida - grazie all’automatizzazione dei processi produttivi - che poteva ovviare anche alla carenza di manodopera. Sia Fiorucci che Pollini sostenevano la diffusione dei materiali alternativi a pelle e cuoio, meno cari e quindi destinati ad aumentare i consumi, affermando che il consumatore sarebbe stato più interessato alla funzionalità e alla forma, che al materiale. Bisognava quindi dare più spazio al design. 

Pollini in quegli anni era coinvolto in prima persona in questo processo, in quanto designer per una serie di calzaturifici in linea con i principi che aveva esposto (tra cui New Team di Varallo Sesia, Gaby di Alseno, Pam e Adamello di Arona, Ceolin).



Armando Pollini


Da una parte l’industria chimica che produceva il sintetico era vista come più flessibile a livello produttivo e più pronta alla sperimentazione sulle richieste dei designer per forme e colori. Le concerie erano accusate di non garantire altrettanta flessibilità, quindi il sintetico era visto con favore dai seguaci delle tendenze della moda.


1970 | New Team by Armando Pollini


Dall’altra parte si diceva che solo il pellame poteva garantire una qualità speciale. Ma richiedeva un’abilità artigianale ed un’eccellenza di lavorazione, che erano il vero elemento differenziante fra quel tipo di calzatura e quella prodotta in serie, in maniera indistinta dall’Italia al Giappone (oggi sarebbe la Cina). Solo il prodotto di un certo livello qualitativo era quello che poteva garantire l’identificazione “made in Italy” e quindi essere interessante per l’export.

La polemica nel periodo successivo si accentuò e coinvolse altri attori: esponenti dell’industria calzaturiera ed altri designer, come Nick Spiccia e soprattutto Salvatore Deodato, che si schierò decisamente dalla parte di Saibene e incarnò con la fantasia delle sue creazioni la risposta pratica alle accuse di rigidità produttiva mosse dalla fazione opposta.


1970 | Renzi by Salvatore Deodato


Ma furono soprattutto Pollini e Saibene a portare avanti la querelle spostandosi su diversi livelli.

Sul piano sociologico, il profetico Saibene si scagliava contro l'incalzare del  consumismo che pochi anni dopo sarebbe esploso in maniera incontrollata. Presagiva gli effetti del fast fashion sulla svalutazione del prodotto, già obsoleto dopo una stagione e quindi deprezzato, da svendere a saldo, con perdita di margini e problemi di gestione da parte della distribuzione.

Gli rispondeva Pollini in nome della democratizzazione del sistema, che avrebbe aperto le porte della moda anche a chi non aveva a disposizione i mezzi per gli standard dell’epoca.

Sul piano estetico si divisero i cultori del gioco legato al fluire della moda contro i sostenitori del buon gusto e dell’eleganza: due baluardi contro la cultura dell’effimero e del popolare, stimolata e soddisfatta anche col ricorso alla bassa qualità dei materiali.

Ci furono tentativi di mediazione fra le posizioni e va detto che col tempo alcuni dei contendenti svilupparono posizioni diverse, in alcuni casi addirittura opposte a quelle originarie.

Non possiamo dire come andò a finire, anche perché la questione in fondo è ancora oggi di grande attualità.

Thursday, April 21, 2011

1965 | CASTEA | SAN LORENZO DI PARABIAGO, MILAN


1965 | CASTEA |
Parabiago, Milan

1965 | CASTEA |
Parabiago, Milan

1965 | CASTEA |
Parabiago, Milan

1965 | CASTEA |
Parabiago, Milan


1965 | CASTEA
Parabiago, Milan

1965 | CASTEA
Parabiago, Milan

1965 | CASTEA
Parabiago, Milan

1965 | CASTEA
Parabiago, Milan


L'ANGELICA/CASTEA
PARABIAGO, MILAN
I N D E X




CASTEA
Parabiago, Milan


Tuesday, April 19, 2011

L'ANGELICA & CASTEA | SAN LORENZO DI PARABIAGO, MILAN

I CALZATURIFICI L'ANGELICA E CASTEA DI PARABIAGO, MILANO
Testo di Gildo Castelli (Proprietario L'Angelica/Castea)
[da NOI: testimonianze e documenti in un libro per San Lorenzo di Parabiago]


1962 | L'Angelica /Castea
San Lorenzo di Parabiago, Milan


L’attività calzaturiera della famiglia Castelli ebbe inizio nel 1911, con sede in San Lorenzo di Parabiago in Via Sempione, e a fondarla fu Ambrogio Castelli col marchio L’Angelica. L’esercizio fu a carattere prettamente artigianale e si avvalse sin dall’inizio dell’opera di circa dieci collaboratori. La produzione riguardava calzature da donna di tipo medio fine.

Con l’inizio dell’evento bellico del 1915/1918 l’attività della Ditta continuò pur se a scartamento ridotto; al termine del conflitto la produzione aziendale fu integrata con scarpe da uomo sotto il marchio Leandro che permise l’assunzione di altre maestranze fino a raggiungere il numero di trenta occupati circa.

Nel 1928 la sede venne trasferita, sempre a San Lorenzo di Parabiago, ma in Via Milano. In questo periodo erano presenti nel territorio parabiaghese circa trenta realtà produttive di tipo calzaturiero, ma con l’avvento della crisi mondiale del 1929 solo una decina riuscì, con immensi sacrifici, a superare la congiuntura sfavorevole e tra queste L’Angelica.


60's | CASTEA
Al Museo Carla Musazzi di Parabiago
Fotografia: Irma Vivaldi
60's | CASTEA
Footwear Oscar winner - Museo Carla Musazzi di Parabiago, Milano
Fotografia: Irma Vivaldi


Le difficoltà per queste aziende familiari continuarono fino alla fine della guerra Italo-Abissina poi finalmente, anche se lentamente, le cose cambiarono in meglio fino al nuovo evento bellico che rallentò di nuovo la produzione anche per la mancanza di manovalanza maschile impegnata sul fronte di guerra.

La fine della guerra segnò l’inizio di una debole ripresa produttiva, ma un nuovo evento diede un duro colpo alla famiglia Castelli: la morte del fondatore avvenuta nel 1951. L’attività produttiva continuò per circa un anno con una società tra gli eredi ed il Sig. Arturo Bollati. La stessa si scioglierà l’anno successivo con la fondazione di due distinti calzaturifici.

Da questo momento i fratelli Castelli iniziano ad apportare ammodernamenti nel ciclo produttivo introducendo nuovi macchinari che permisero di aumentare la produzione sino a raggiungere le centoventi paia di scarpe al giorno con la presenza di circa cinquanta dipendenti.

Si pensò anche di introdurre nel ciclo della lavorazione aziendale un nuovo marchio sotto il nome di Castea per differenziare la produzione tradizionale da quella di tipo giovanile.




1958 | CASTEA | Eredi Castelli
San Lorenzo di Parabiago, Milan

60's | CASTEA
Museo Carla Musazzi di Parabiago, Milano
Fotografia: Irma Vivaldi
60's | CASTEA
Museo Carla Musazzi di Parabiago, Milano
Fotografia: Irma Vivaldi

60's | CASTEA
Footwear Oscar winner - Museo Carla Musazzi di Parabiago, Milano
Fotografia: Irma Vivaldi


La conseguenza di questa differenziazione fu la continua espansione dell’attività con il risultato del fabbisogno di nuovi spazi. Nel 1960 si costruì un nuovo capannone, ubicato in Via G.B. Vico, ove furono installati nuovissimi macchinari che portarono l’azienda ad essere considerata una delle più attrezzate e moderne del circondario.

Tutto questo provocò un ulteriore incremento produttivo fino a raggiungere le cinquecento paia giornaliere con la presenza di circa centocinquanta dipendenti. Quando nel 1973 due dei fratelli si ritirarono, il calzaturificio continuò con gli altri tre fratelli ed i nipoti, fino al 1980.


Testo di Gino Castelli

Tratto da “NOI: testimonianze e documenti in un libro per San Lorenzo di Parabiago” - AA.VV., a cura di Maria Luisa Ciprandi, Graziana Marcon, Maria Bollati, Ivana Bollati (2002) - pag.230-31

Tutte le fotografie sono di Irma Vivaldi.

Si ringrazia il museo Carla Musazzi di Parabiago, Milano


60's | CASTEA
Museo Carla Musazzi di Parabiago, Milano
Fotografia: Irma Vivaldi



L'ANGELICA/CASTEA
PARABIAGO, MILAN
I N D E X




1956 | CASTEA
Eredi Castelli logo

Monday, April 18, 2011

THESE BOOTS OF MINE | MESSAGE FROM FEE WAYBILL [THE TUBES]

Dopo aver visto il primo post su Lester Bangs, Fee Waybill ha voluto precisare che:
Le mie scarpe non si possono definire veramente "claw shoes". In realtà sono state disegnate come delle ballerine in stile bondage, anzi copiate da una rivista bondage, ma rese più alte ed estreme. Le abbiamo costruite noi sulle mie zeppe da 18" [quasi 46 cm NdR] con punta in fiberglass e tacco in legno. Le metto ancora ai concerti. Attualmente sono color argento e sono state riparate parecchie volte: nonostante tutto pare resistano.


Right after the first Lester Bangs post, Fee Waybill sent us a message:
They're not really claw shoes, they're actually designed after a ballet toe shoe in an extreme bondage style. We copied the design in a bondage magazine and made them more extreme and much taller. They were made by us. The toe is fiberglass and the heel, wood, build on a pair of 18" silver platform boots of mine. I still wear them in The Tubes show.
They're silver now, and have been repaired a number of times, over the years, but they are still holding up.


1977 | Fee Waybill / The Tubes
2010 | Alexander McQueen

November 25, 1977
Quay Lude A.K.A. Fee Waybill
Keystone Press


Fee Waybill, A.K.A. Quay Lude, born John Waldo Waybill is the singer/songwriter of The Tubes.

G E T   M O R E  Q U A Y L U D E:
LESTER BANGS DESTROYS STEVIE NICKS [FEATURING LADY GAGA]