CALZATURIFICO BORRI: I PRIMI PASSI
BY IRMA VIVALDI
BY IRMA VIVALDI
Dopo Anselmo Ronchetti, per il secondo capitolo della storia calzaturiera della SS33 ci spostiamo a Busto Arsizio (Varese).
Il "Calzaturificio Giuseppe Borri" operò per un secolo e fu il primo in Italia ad utilizzare macchinari per la completa produzione delle calzature, fino a quel momento lavorate a mano. La sede era un bellissimo complesso industriale, esempio dello stile architettonico lombardo di inizio Novecento. Oggi rimane come monumento alla memoria e versa in stato di abbandono dopo essere stato acquistato dal Comune nel 2001.
L’altra tappa bustocca per recuperare la memoria del Borri è una delle torrette del "Museo del Tessile e della tradizione industriale" dove, in pochi metri quadri, sono raccolti alcuni ricordi della storia del calzaturificio. Non è molto ma è già un'anomalia in un distretto calzaturiero dove storia e memoria spariscono. L’intero Museo è senz’altro da visitare.
Ca. 2011 | CALZATURIFICIO GIUSEPPE BORRI Busto Arsizio, Varese |
Museo del Tessile e della tradizione industriale | Textile Museum Busto Arsizio, Varese |
L’edificio - ex sede del Cotonificio Bustese - è notevole (fu progettato da Camillo Crespi Balbi alla fine dell’Ottocento) e i materiali conservati consentono un viaggio istruttivo attraverso un secolo di storia industriale.
Purtroppo anche il Museo, come l’edificio ex Borri, è trascurato: le torrette sono da visitare preferibilmente al mattino in piena luce; diversamente, munirsi di torcia. Probabilmente il "marchio di qualità" per strutture che offrono elevati standard di servizi, assegnatogli dalla Regione Lombardia nel dicembre 2007, é scaduto.
La storia del calzaturificio Borri si mescola con la trasformazione sociale e industriale in corso in Italia nella seconda metà dell’Ottocento. Intorno agli anni Settanta in Europa cominciavano a comparire le prime macchine di provenienza tedesca o americana per affiancare il lavoro artigianale nella produzione calzaturiera. In Italia ancora non ce n’era traccia. Nemmeno a Busto Arsizio e nelle città vicine dove comunque l’attività industriale era già sviluppata (Busto Arsizio era soprannominata “la piccola Manchester”), soprattutto per quanto riguarda i settori tessile, cotoniero e meccanico.
"In Italia le prime macchine per la confezione delle calzature vennero importate dalla Germania nel 1888 da due case italiane, la Rovatti e C. di Milano e una casa di Busto Arsizio, la quale venne in seguito assorbita dalla prima."
"Le prime macchine si limitavano alla cucitura della suola con filo di canape, con punte di ferro e con punte di legno, e le altre operazioni venivano compiute dal lavoro manuale."[da “l’Almanacco Italiano” del 1906, R.Bemporad e figlio Editori]
Giuseppe Borri, partito dal nulla, fu il primo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento a dare il via sull'asse del Sempione ad un sistema industriale calzaturiero basato su un ciclo produttivo interamente realizzato attraverso le macchine, inizialmente di produzione tedesca e poi americane, introducendo in Italia il sistema Goodyear a guardolo.
1889 | Rovatti Shoes
Busto Arsizio |
CALZATURIFICIO BORRI
I N D E X
Following Anselmo Ronchetti, SS33's second chapter starts in the city of Busto Arsizio (Varese).
The “Calzaturificio Borri” building still stands as a memorial for a major shoe factory that operated for a century. It was the first in Italy to use machinery for a complete footwear production, until then handmade only. The building was purchased by the city back in 2001, but remains unused and neglected since then.
The other place useful to recover the memory of the Borri is one of the turrets of the "Museum of Textiles and Industrial Tradition”. In a few square meters are collected some items of the Borri footwear history: there's not much to see, but it is already an anomaly in a footwear district where the whole history tend to disappears. The entire museum is worth a visit. The building itself - formerly the Bustese cotton mill - is remarkable being designed by Camillo Crespi Balbi in the late nineteenth century.
Unfortunately, the Museum, like the Borri building, has been neglected: you should visit the tower in broad daylight, otherwise bring a torch…
The early history of the shoe factory Borri is interlaced with the industrial and social transformations taking place in Italy in the second half of the nineteenth century.
In Europe, starting from the Seventies, began to appear the first machines for the industrial shoe production coming from U.S.A. and Germany.
“In Italy the first machines for the production of shoes were imported from Germany in 1888 by two Italian houses, the Rovatti and C., Milan, and a company in Busto Arsizio, which was later absorbed by the first one”
“The first machines were limited to sewing the sole with hemp thread, with iron spikes and bits of wood, and other operations were carried out by manual labor.”
[From “l’Almanacco Italiano”, year 1906, R. Bemporad e figlio Editori]
Giuseppe Borri, self-made man, was the first, at the turn of the centuries (19th and 20th), to give the Simplon axis an industrial system based on a shoe production cycle entirely made by machines. He also introduced in Italy the Goodyear welted system.